Considerazioni tipologiche, curiosità storiche e generosità spaziale rappresentano i migliori risultati che si possano prevedere da un incarico professionale. Nel nostro caso, la complessità deriva dal compito di ospitare una mostra d'arte contemporanea con dieci installazioni diverse - tra cui installazioni spaziali, pittoriche, sonore, proiezioni video e sculture - suddivise in due categorie di concorso. Nel tentativo di suggerire un percorso strutturato, pur preservando l'individualità di ogni opera, abbiamo scelto deliberatamente di limitare l'accesso alla navata centrale, incoraggiando i visitatori a percorrere la periferia della chiesa lungo le navate laterali e il transetto. Questa compressione spaziale sui lati e l'esclusione del volume centrale - inaccessibile e visibile solo dal retro del transetto - alterano momentaneamente il flusso e la percezione spaziale dell'ambiente interno. Questo approccio cerca di stabilire una dimensione di dialogo e interazione tra la mostra e gli elementi decorativi esistenti, senza che nessuno dei due prevalga sull'altro.
L'installazione fissa un orizzonte interno a circa tre metri e mezzo di altezza, abbassando la prospettiva dello spettatore e allineando la scala umana delle opere d'arte con quella della chiesa monumentale. Per ottenere questo effetto, abbiamo utilizzato solo due materiali: una pellicola elastica in polietilene, una pellicola da imballaggio bianca, e blocchi di cemento cellulare leggero. Utilizzando le colonne e i pilastri come punti di ancoraggio, abbiamo usato la pellicola per racchiudere gli spazi inutilizzati, creando dieci stanze tra le navate per ospitare le opere d'arte. Quando necessario, i blocchi sono stati assemblati in plinti, piattaforme, partizioni monomateriche e stereometriche per sostenere le opere d'arte. La scelta dei materiali è stata dettata da molteplici considerazioni, tra cui quelle relative all'esposizione e alla sostenibilità. La preparazione della mostra ha richiesto solo cinque giorni lavorativi con l'assistenza di due installatori specializzati. Durante la fase di smontaggio, saranno sufficienti due giorni per recuperare la pellicola, smontare le strutture a blocchi e restituirle al produttore. Entrambi i materiali saranno completamente riciclati e reintegrati nel ciclo produttivo alla fine del loro ciclo di vita.
Per molto tempo la museologia si è confrontata con l'approccio migliore per esporre le opere d'arte all'interno degli spazi museali. Per secoli, gli architetti hanno preferito creare “scatole bianche”, spazi immacolati con pareti neutre e illuminazione zenitale diffusa. Negli ultimi decenni si è cercato di mettere in discussione questo modello, spesso riflettendo la frustrazione degli architetti per i limiti percepiti di non avere completa libertà di progettazione e l'incapacità di infondere sufficiente “creatività” nei loro progetti. Come spesso accade, la verità sta nel mezzo e non sempre si allinea con le ultime tendenze. Secondo la nostra esperienza, gli artisti di solito apprezzano un certo livello di isolamento dall'ambiente circostante, indipendentemente dallo spazio espositivo. Tuttavia, la completa immersione in un vuoto incontaminato può essere sconcertante. La nostra ricerca di equilibrio, unita all'aspirazione di incoraggiare una percezione più intima dello spazio sacro e delle opere esposte, è alla base di questo progetto. Ci auguriamo che esso riaffermi l'idea che essere leggeri non equivale a essere inconsistenti e che risultati significativi possono derivare da mezzi modesti.