Nella tua pratica artistica i materiali sono fondamentali in quanto rappresentano la maglia di un tessuto narrativo e simbolico più complesso. Quali sono i criteri che ti hanno guidato nella selezione per Untitled?
Nella tua pratica artistica i materiali sono fondamentali in quanto rappresentano la maglia di un tessuto narrativo e simbolico più complesso. Quali sono i criteri che ti hanno guidato nella selezione per Untitled?
Untitled mette in luce il tema della sovrapproduzione legata all’essere umano, perciò i materiali utilizzati sono stati scelti sia per la loro caratteristica di essere dei resti legati a tale processo e sia per la loro capacità di trasportare memorie, aspettative e vite rispecchianti la civiltà. A ogni prodotto e resto che l’essere origina, per quanto negativamente possa incidere nella realtà, corrisponde un carico di intimità che fa vivere il materiale rendendolo un’esistenza autonoma all’interno del mondo. Perciò il ponteggio smembrato incarna sia le speranze della diaspora migratoria degli anni ‘50 e ‘60 nel Sud Italia che una conseguenza materiale e fisica della stessa. Il marmo veicola la volontà di una cittadina di guardare oltre i suoi confini, finendo per inquinare la stessa.
In molte delle tue opere sottolinei una nuova prospettiva che va oltre la classificazione e la dicotomia “naturale e artificiale”, una metamorfosi o un cambiamento di stato che soverchia le categorie prestabilite. In che altri modi hai indagato la trasformazione della materia nella tua ricerca?
Sono sempre stata interessata alla membrana della pelle come punto di scambio. Tutto ciò che assorbe passa al nostro interno, cambiando letteralmente il nostro stato a livello particellare, assorbiamo letteralmente il mondo. Il suono mi ha permesso di indagare le trasformazioni che avvengono quando due realtà vengono a contatto, se ci pensiamo entra nel nostro corpo da qualsiasi orifizio, facendo vibrare le ossa e cambiando il nostro modo di percepire ed essere. Lo stesso incontro tra più materiali opposti crea una trasformazione. Perciò la dicotomia mi ha sempre spinto paradossalmente a studiare il confine dove viene superata e trovare quel punto di metamorfosi, quel punto in cui tutto diventa liquido per un attimo e ha la possibilità di fondersi a qualcos’altro.
Da dove nasce l’esigenza di mettere in parallelo la tua esperienza intima legata ai tuoi luoghi biografici e la sovrapproduzione che condiziona la natura in Untitled?
Non avevo mai volontariamente inserito il mio vissuto all’interno di un lavoro, avevo sempre notato un autoreferenzialismo opulento in chi lo faceva, ma allo stesso tempo una necessità insita in chiunque realizzi qualcosa. Ognuno di noi pone sé stesso e la propria storia nelle parole che utilizza, nel modo in cui osserva, nella maniera in cui maneggia un oggetto. Mi sono chiesta perché avevo iniziato a lavorare con pezzi dimenticati e quale imprinting avesse influenzato il mio linguaggio, finendo per capire che i materiali non solo rappresentano una sovrapproduzione fisica ma anche una vita in senso diaristico. Cosa sono le speranze se non delle sovrapproduzioni di aspettative?
La defunzionalizzazione degli elementi che hai attuato nell’opera, come il tubo innocente, il cavo elettrico, gli scarti di marmo di Carrara, li portano ad acquistare un altro valore simbolico o meramente legato all’utilità?
Entrambi. Se gli elementi, in questo caso i resti, vengono considerati come una forma di vita, come tale si trasformano, mutano; una muta è un processo e ogni processo porta a un risultato compiuto. In questo caso la defunzionalizzazione del cavo elettrico, inteso simbolicamente come portatore di un flusso vitale, non trasporta nulla, non ha un suono e non risulta conduttore attivo di energia. I resti inquinanti non hanno una fine, sono vite di cui la società non se ne assume la responsabilità. Attendono. Lo stesso titolo non ha appositamente una funzione, contribuisce al significato dell’installazione attraverso la sua indefinitezza. L’inutilità degli elementi è simbolicamente utile al significato dell’opera.