Con umiltà, I Was So Wrong invita le persone ad accettare i propri limiti e a normalizzare il concetto di fallimento. Da quali esigenze o desideri nasce la necessità di approfondire questo tema?
Con umiltà, I Was So Wrong invita le persone ad accettare i propri limiti e a normalizzare il concetto di fallimento. Da quali esigenze o desideri nasce la necessità di approfondire questo tema?
Credo che a volte non ci sia niente di più semplice e generoso di un atto di riconoscimento, di ammissione. Il fallimento ci rende umani e accettare la fallibilità significa accettare la nostra condizione di vita. È, in un certo senso, anche un atto di sottomissione, che va oltre l’individualità e abbraccia un sentimento collettivo.
In I Was So Wrong sono compresenti tre aspetti principali: il suono, l’elemento scultoreo e il rapporto con lo spazio. La stampa della scansione della voce permette al visitatore di visualizzare ed esplorare una parte intima e nascosta di sé. Una volta all’interno dell’installazione, gli elementi della composizione rendono il suono acusticamente percepibile, restituendo una presenza che interagisce con lo spettatore.
Nel mio lavoro il suono viene sublimato e diventa immagine. Sono consapevole che non sia immediato riconoscere che questa immagine non è altro che lo spettrogramma di un suono, in questo caso della mia voce, ma non è necessario. Ciò che mi interessa è il nuovo stato di rappresentazione del suono, che a sua volta genera colori, forme, dimensioni inedite attraverso un’originale semiotica delle bandiere. Volevo accedere alla “potenzializzazione” della mia voce registrata in relazione a questa frase, per “renderla possibile” ancora una volta in una nuova forma.
Il suono e la voce umana sono elementi ricorrenti nelle tue opere e spesso accompagnano o completano un intervento scultoreo. Intendi la dimensione sonora come un altro spazio che sta dietro e amplia la realtà che si manifesta allo spettatore?
Per me, la dimensione uditiva è spesso un completamento del legame tra visibile e invisibile, letterale e immaginato, evento e traccia (ciò che accade e ciò che rimane). Sono estremamente interessato al momento di sublimazione di una forma, un’immagine o un suono, e lo stato originale è fondamentale per investigare la sua “potenzialità”, il suo tornare possibile ancora una volta. Credo che il ricordo ripristini sempre la possibilità nel passato, e poiché il suono può solo essere ricordato, dato che è già sparito nel momento in cui lo si sente, è per me l’elemento perfetto per collegare gli spettatori a quella dimensione più inconscia di sé.
Una situazione di stallo e di silenzio si scontra di volta in volta con un rumore che porta a riempire uno spazio. Con un movimento ondulatorio tra alti e bassi riesci a non abbassare mai la temperatura degli ambienti dell’installazione, creando un’aspettativa continua. Un cambiamento di lunghezze d’onda e di riferimenti percettivi nello spettatore che entra in contatto con uno spazio modificato e contagiato dalle tue opere, che ne cambiano i parametri e le relazioni.
Il momento di stallo e silenzio è il momento più intrigante, è il punto in cui ciò che è accaduto potrebbe ancora essere incompleto e ciò che non è mai stato si completa. Il materiale utilizzato nel lavoro viene sublimato e si rende medium attraverso un’altra dimensione. È l’elemento che innesta, catalizza e scatena il passaggio all’evento successivo. Come il momento in cui si entra in un sogno… L’istante prima eravamo ancora svegli.